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Adherence to the American Academy of Orthopaedic Surgeons Clinical Practice Guidelines for Nonoperative Management of Knee Osteoarthritis

AAOS

Karthik P Meiyappan, Mark P Cote, Kevin J Bozic, Mohamad J Halawi

Abstract

Background: The American Academy of Orthopaedic Surgeons (AAOS) has published evidence-based Clinical Practice Guidelines (CPGs) for the nonarthroplasty management of knee osteoarthritis (OA). The purpose of this study is to determine how closely our orthopedic providers adhered to the recommendations included in those CPGs.

Methods: We retrospectively reviewed 1096 consecutive ambulatory visits with primary diagnosis of knee OA at a single center. Demographic, radiographic, and treatment information was collected. The primary outcome was the frequency of agreement between our treatment recommendations and the AAOS CPGs. A secondary outcome was the associated costs of care.

Results: The total number of interventions generated during the visits was 1955. Adherence to the AAOS guidelines was 65% (362/557), 60% (226/377), and 40% (413/1021) in new/never treated, new/previously treated, and return patients, respectively. Intra-articular injection with either corticosteroids or hyaluronic acid was the most common intervention (32%) followed by physical therapy (29%). As the severity of OA increased, adherence to the AAOS guidelines decreased (61%, 60%, 54%, and 49% for Kellgren-Lawrence grades I through IV, respectively). The estimated annual costs associated with our treatment recommendations were $2,403, 543.18, of which $1,206, 757.8 (50.2%) was supported by evidence. The most expensive treatment intervention was intra-articular hyaluronic acid injection, which carried a strong evidence against its use.

Conclusion: Adherence to the recommendations contained within the AAOS CPGs was modest regardless of the Kellgren-Lawrence grade or history of treatment. Given the size of the affected patient population, there is a need for uniformly accepted guidelines to clarify the role and timing of the different treatment interventions. CPGs should be combined with education, patient engagement, and shared decision-making to minimize variation in treatment patterns, improve patient outcomes, and lower overall costs of care.

Keywords: AAOS; Clinical Practice Guidelines; cost of care; knee; nonoperative management; osteoarthritis.


Gotta, esame ecografico mostra riduzione rapida della deposizione cristalli acido urico grazie a trattamento treat-to-target

Ortopedia e Reumatologia

Lunedi 31 Agosto 2020
Hammer HB et al. Ultrasound shows rapid reduction of crystal depositions during a treat-to-target approach in gout patients: 12-month results from the NOR-Gout study. ARD 2020

Infiammazione piede

Nei pazienti affetti da gotta, un punteggio ecografico legato alla deposizione di cristalli dimostra come la terapia T2T con agenti ipouricemizzanti comporti una riduzione significativa di tutti i depositi di acido urico.

Queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato su ARD che suffraga i benefici di questa modalità di trattamento.

Razionale e disegno dello studio

“Il gruppo OMERACT (The Outcome Measures in Rheumatology ultrasound) ha definito tre tipologie specifiche di deposizione di cristalli di acido urico: quelli con il segno del “doppio contorno”, ossia un’iperecogenicità lineare al di sopra della superficie della cartilagine articolare; i depositi tofacei che appaiono come aree iperecogene nebulose circondate da materiale ipoecogeno; gli aggregati di materiale – spiegano i ricercatori nell’introduzione allo studio”.

Pochi studi di dimensioni numeriche ridotte hanno mostrato come le deposizioni di cristalli individuate ecograficamente si riducano in modo graduale in termini dimensionali, per scomparire spesso del tutto in concomitanza con la somministrazione della terapia ipouricemizzante, e che le formazioni con il segno del “doppio contorno” sia maggiormente suscettibili a cambiamenti di sorta.

Per esaminare le localizzazioni più frequenti dei depositi di acido urico, l’estensione delle erosioni a livello delle prime articolazioni metatarsofalangee e la risoluzione di varie forme di cristalli di urato monosodico individuate per via ecografica in pazienti gottosi sottoposti a terapia ipouricemizzante secondo l’approccio T2T, i ricercatori hanno messo a punto uno studio osservazionale prospettico monocentrico che ha reclutato 209 pazienti consecutivi con un episodio recente di recidiva gottosa, avviati a trattamento T2T.
Tutti i partecipanti allo studio sono stati sottoposti a valutazione ecografica di articolazioni, tendini, entesi delle mani, dei gomiti, dei ginocchi, delle caviglie e dei piedi al basale e, successivamente, a distanza di 3, 6 e 12 mesi. Successivamente, i ricercatori si sono serviti di un sistema di classificazione a punteggio semiquantitativo (0-3) delle lesioni elementari – a “doppio contorno”, tofi e aggregati, per analizzare il tasso di deposizione di cristalli di acido urico nel corso del follow-up.

Risultati principali

Dai dati è emerso che i livelli sierici di acido urico si sono ridotti, passando da un valore medio di 500 µmol/l al basale a 312 µmol/l dopo12 mesi (P <0 ,001). La prima articolazione metatarsofalangea è risultata la localizzazione più frequente per tutte le lesioni elementari, e le erosioni sono risultate associate ai tassi più elevati di deposizione di cristalli. La somma dei punteggio medi dal basale a 12 mesi si è ridotta:

  • Per il “doppio contorno” da 4,3 a 1,3
  • Per i tofi da 6,5 a 3,8
  • Pzr gli aggregati da 9,3 a 6,7 (p<0,001 per tutti)

Il “doppio contorno” è risultato maggiormente sensibile alle variazioni.

Riassumendo: nel commentare i risultati, i ricercatori hanno affermato come il loro sia stato “…il più ampio studio longitudinale finora condotto che sia ricorso all’ecografia per determinare la deposizioni di cristalli di urato monosodico utilizzando un nuovo sistema di classificazione a punteggio semiquantitativo. Dai risultati emerge come, duranti un approccio di trattamento T2T con farmaci ipouricemizzanti, si abbia una riduzione di tutte le forme di deposito di acido urico individuabili mediante ecografia, con quelle a “doppio contorno” soggette a maggior riduzione. La prima articolazione metatarsofalangea è risultata l’articolazione più frequentemente coinvolta, e il punteggio dell’erosione a livello di questa articolazione è risultato associato con il punteggio delle lesioni elementari”.

Nel complesso, lo studio mostra che i pazienti gottosi seguiti nella pratica clinica mediante approccio farmacologico T2T per la riduzione dell’iperuricemia mostrano, in parallelo, una riduzione dell’impatto dei cristalli di acido urico rilevato mediante ecografia.


Injuries in Mountain Biking and Implications for Care

M.L.T.J.

D.C. Fiore, K. M. Fellows, T. A. Henner

Original Article, Nr 2020;10 (2):179-191

SUMMARY

Introduction. Mountain biking is a popular recreational activity that has a significant potential for injury.

Methods. This review paper integrates research studies and expert opinion. It examines the various types of mountain biking, associated patterns of injury, trends in the sport, impact on medical services, and expanded roles for health professionals in promoting preventive care and counseling on safe riding practices.
Results. Multiple studies on the frequency of mountain biking injuries suggests that findings may not be reflective of actual injury rates due to under-reporting, as well as inconsistencies in how injuries and injury severity are defined. Given these limitations, it appears that injury rates in mountain biking are on the high end of outdoor sports and that riding downhill is where most serious injuries occur. Injuries occur most frequently to the upper and lower extremities, with fractures trending towards the upper extremities. Traumatic head injuries and cervical spine injuries are among the most severe injuries, and mountain biking accounts for a significant portion of activity related TBI and spinal injuries. The emergence of e-bikes contributes is attracting older riders to the sport, with potential consequences for increased injury.

Conclusions. The health care community can help in reducing injuries through avenues such as counseling patients and community members about safe riding practices, discussing appropriate gear, working with mountain bike parks to design safer trails and consulting with bicycle manufacturers to design safer bikes.


Sport & Medicina
IL DOLORE LOMBARE: UN NEMICO CHE SI PUÒ COMBATTERE

Dolore lombare

Le CAUSE DEL DOLORE LOMBARE SONO GENERALMENTE:

  • atteggiamenti posturali non corretti protratti per lungo tempo (Posture e movimenti del corpo che causano dolori muscolari e articolari)
  • movimenti del corpo ed esercizi eseguiti in maniera non corretta
  • eccessiva tensione muscolare derivante da stress fisico e psicologico
  • scadente tono muscolare (addominale, lombare e dorsale)
  • soprappeso.

NELLO SPORT, nei periodi di maggiore intensità dei carichi di allenamento, specialmente in vista di gare importanti, alcuni atleti lamentano sintomatologie dolorose localizzate nel tratto lombo-sacrale.

Salvo casi particolari di preesistenti patologie osteoarticolari, il dolore può derivare da:

  • Insufficiente riscaldamento generale e specifico. Un buon riscaldamento permette di innalzare la temperatura del muscolo e di migliorarne nel contempo l’irrorazione sanguigna, il metabolismo e la elasticità. Quindi, oltre ad un maggiore rendimento, si possono evitare stiramenti e strappi muscolari. Aumenta anche il trofismo dei tessuti privi di vasi sanguigni (cartilagini articolari e dischi intervertebrali) per cui avviene una ottimale diffusione di liquidi e substrati nutritivi. Diminuisce anche la viscosità del liquido sinoviale delle articolazioni e, di conseguenza, ne viene migliorata la funzionalità in quanto le facce articolari scorrono più facilmente.
  • Residuo di tossine e congestione muscolare derivanti da inadeguata esecuzione di esercizi di “defaticamento” al termine di ogni allenamento o da scarso recupero tra un allenamento e l’altro. Vanno anche evitati esercizi di “defaticamento” che imitano il gesto tecnico che ha comportato il sovraccarico in quanto, pur essendo funzionali per l’apparato muscolare e cardiocircolatorio, mantengono i dischi in compressione.
  • Squilibrio di forza e di elasticità della muscolatura deputata al fisiologico allineamento tra colonna vertebrale, bacino e femori. Questi muscoli vanno rafforzati e nel contempo mantenuti elastici, con adeguati esercizi di potenziamento e allungamento muscolare (Figura).
  • Insufficiente utilizzo di esercizi di stretching muscolare e mobilità articolare dopo ogni allenamento. Lo stretching allunga e decontrae i muscoli mantenendoli estensibili, mentre gli esercizi di mobilità riportano l’articolazione ad uno stato di efficienza ottimale.
  • Compressione continua delle colonna vertebrale durante e dopo l’allenamento. L’attività fisica intensa e le posture fisse (studiare, vedere la televisione, andare in macchina, ecc.) sovraccaricano senza soluzione di continuità i dischi intervertebrali compromettendone il ricambio nutrizionale e determinandone un assottigliamento per deidratazione. La nutrizione dei dischi, infatti, non avviene attraverso i capillari sanguigni ma con una azione di “pompa” (perfusione) che permette l’entrata e l’uscita di liquido. Grazie agli esercizi di scarico eseguiti a fine allenamento si ottiene una veloce reidratazione dei dischi e un afflusso di sostanze nutritive. Un discorso analogo vale anche per le altre articolazioni ove il carico fisso e prolungato ostacola il metabolismo, basato sul meccanismo di diffusione, della cartilagine ialina.

PREVENZIONE

L’azione preventiva o di ristabilimento della situazione anatomo-fisiologica della zona lombo-sacrale dovrebbe seguire due direttive principali:
Mantenere sempre forti i muscoli che flettono la gabbia toracica sul bacino (Retto dell’addome, Obliquo esterno ed Obliquo interno) e i muscoli che estendono le cosce sul bacino (Grande gluteo, Bicipite femorale nel capo lungo, Semitendinoso, Semimembranoso, Grande adduttore, Piriforme) in quanto portano il bacino in posizione di retroversione (azione delordosizzante).

In questo modo la lordosi lombare tende ad attenuarsi ed i carichi discali vengono scaricati perpendicolarmente ed in maniera equamente distribuita su tutta la superficie delle vertebre.